La trasparenza è una dote. Sebbene sia comunemente considerata una iettatura può offrire innumerevoli vantaggi. Prendete ad esempio l’uomo delle macchinette: quello alto, di mezza età con ancora ben conservato il fascino di un tempo. Quello vagamente fricchettone che fa la manutenzione ai distributori automatici. Siete scesi per la pausa caffè e lui è in ginocchio di fronte al distributore che armeggia, pulisce e rifornisce. Nessuno si dispiace della sua presenza anche perché la pausa può protrarsi e con essa la discussione, il litigio o il pettegolezzo. Qualsiasi sia l’argomento, la presenza dell’uomo delle macchinette è ininfluente. Si può parlare di sport, politica, sesso, intrighi aziendali o fatti personali e mai l’argomento viene interrotto dalla presenza di quell’uomo. Tantomeno nessuno si sofferma sul fatto che quell’uomo abbia una sua vita, dei sentimenti e delle passioni. Come se il suo nome fosse Il Trasparente.
C’è invece chi, forse per un’infantile influenza cinematografica, una lettura di troppo o per tradizione familiare, sogna una vita sotto le armi. Grande e grosso sarebbe un corazziere perfetto ma le vicissitudini della vita lo hanno portato a fare il vigile urbano. Come Tackleberry in Scuola di Polizia sogna, ogni qualvolta entra in servizio, un conflitto a fuoco con la peggior specie di malavitosi. Invece è costretto a vedersela con il venditore ambulante o con la vecchietta in divieto di sosta ma, soprattutto, con il suo cuore tenero. Pensa e agisce come un quarantenne anche se talvolta l’irruenza tradisce la sua vera età. Vorrebbe essere chiamato Generale ma sfortunatamente per lui è ancora troppo presto. In attesa di tempi migliori si fa chiamare: Il Presidente.
Alcuni passano la loro esistenza vivendo una sola vita. Altri invece ne vivono molte, come quel mastro birraio che riesce a racchiudere in ciascuna delle sue birre frammenti del proprio passato. L’ultima sua creazione è dedicata a colei che gli fece capire che di vita c’è n’è più d’una. Una birra nera come il carbone che porta come nome il saluto di quella ragazza. Di natura burbero, il mastro birraio ha imparato a plasmarsi e fare della relazione interpersonale un’arte. A grandi passi si sta avvicinando alla politica sebbene ora sia più un maestro nel trattare con i politici. Non si riesce a capire come possa produrre birra e al contempo presenziare in club, associazioni e comitati di ogni genere. Gli amici lo chiamano, scommettendo sul suo futuro, L’Onorevole.
Può capitare che nella post-adolescenza una ragazza ti lasci con queste parole: vedi, tu sei un semplice. Lui avrebbe voluto replicare: no, sei tu che sei complicata. Ma non lo fece. Rimase per un po’ dubbioso se prendere la cosa come un complimento o un’offesa. Era orgoglioso d’essere semplice e quindi la prese con filosofia nonostante fosse stato appena scaricato. Uomo senza gusto nel vestire, sogna di essere come quel cowboy sempre perfetto e al posto giusto in ogni foto. Parecchi anni dopo l’adolescenza vinse, senza mai aver giocato a tennis in vita sua, un torneo aziendale. I colleghi però ricordano quel giorno per la sua mise più da sfigato che da tennista. Nessuno colse l’impresa del neofito ed una collega lo apostrofò come antifigo. La collega in questione brillava soprattutto per simpatia; per questo motivo, lui, preferisce essere chiamato Il Semplice.
Cos’hanno in comune quattro personaggi così diversi tra loro?
Lo scorso autunno il Trasparente ogni notte sognava la stessa donna: giovane, bella, vestita in modo desueto e quasi sempre con la presenza incombente di un castello sullo sfondo. Esasperato da ciò, il Trasparente riuscì a scovare una psicologa esperta nell’interpretazione dei sogni. Si recò quindi sino a Reggio Emilia nello studio della dottoressa Agostini. Raccontò ogni cosa, compreso il dettaglio che ciascun sogno era caratterizzato dall’assenza di colori ma con una strana dominanza a metà tra il giallo ed il rosso.
Il Presidente sognava invece ogni notte un falco. Lo portava sull’avambraccio mentre camminava verso l’ignoto. Poi, alla vista di un castello in lontananza, il rapace spiccava il volo per andare a posarsi su una torre. Anche il Presidente, angosciato dal ripetersi continuo della stessa scena, riuscì a scovare l’indirizzo della dottoressa Agostini e andò nel suo studio dove raccontò anche che le visioni erano color seppia.
L’onorevole, anch’esso finito nello studio della psicologa, oltre al colore del sogno giallo-rosso, descrisse di un lupo che seguitava a pedinarlo in un bosco, tanto d’averci fatto l’abitudine. Il sogno, sempre uguale, si era però differito dagli altri la sera precedente quando il lupo allo scorgere di un castello era scomparso.
La dottoressa aveva ormai in cura i tre da qualche settimana senza però aver ottenuto alcun risultato. Un giorno si presentò da lei il Semplice che raccontò della sua fantasia ricorrente: in sella ad un cavallo lungo sentieri e strade sterrate in compagnia di altri tre cavalieri. La meta, irraggiungibile, un castello in lontananza. Alcune notti altri cavalieri seguivano i tre a debita distanza. La dottoressa chiese al Semplice se avesse mai cavalcato o posseduto un cavallo. Il Semplice scosse la testa e confidò d’aver avuto un Appaloosa come compagno di viaggio ma dal giorno in cui il cavallo morì d’infarto mentre lo stava cavalcando, il Semplice non era più salito in sella a nessun altro animale. La psicologa consigliò all’uomo il riavvicinamento al mondo dell’equitazione; in fondo, si trattava di superare un trauma e di soddisfare un chiaro desiderio represso. Soddisfatta la dottoressa Agostini stava congedando il paziente con una diagnosi alquanto elementare, anche se la presenza del castello le aveva fatto suonare un piccolo campanello d’allarme. Dal canto suo, il Semplice trovava sensato buttarsi alle spalle il passato e d’avere nuovamente un destriero tutto suo. Salutò quindi la dottoressa e, stringendole la mano, aggiunse: ah, se le può interessare, il sogno è sempre dello stesso colore: 40% giallo, 20% rosso. Disse proprio così.
La psicologa sprofondò nella poltrona e quando si riprese telefonò a ciascuno dei quattro i pazienti proponendo una seduta comune.
Quando ciò avvenne, il Semplice entrando nello studio e scorgendo gli altri tre esclamò: allora sono questi i miei compagni di viaggio!
Sebbene fosse stata la dottoressa a riunire i quattro sognatori, non aveva ancora visto la cosa sotto quella luce. Colse la palla al balzo e propose loro un viaggio da effettuare tutti e quattro assieme.
A cavallo? Chiese il semplice.
Certo! Rispose azzardando la psicologa. I cavalli erano la passione della dottoressa e più tardi si scoprì anche degli altri tre. In ogni caso, malgrado fosse stato il solo Semplice ad averli sognati, alla fine erano un ingrediente di un unico sogno color seppia.
Abbiamo il falco, il lupo, una donna misteriosa, i castelli, cavalli, strade sterrate e sentieri. Organizzate un’avventura che abbia tutti questi elementi racchiusi in se. Fatela fuori stagione: perché alla ricerca dei propri sogni non si va ad agosto quando a viaggiare c’è una moltitudine di disperati che con i sogni ha poco a che vedere.
La dottoressa lasciò quindi i pazienti con questa missione da compiere.
I quattro decisero come destinazione del viaggio Reggio Emilia ed il salone del Cavallo Americano per omaggiare la città natale della loro dottoressa, sicuri che sarebbe stata là ad attenderli. Inevitabile, quindi, iniziare l’avventura la seconda decade di maggio. indispensabile anche la località di partenza: la val Trebbia, luogo di residenza dei quattro sognatori. Mancava un ingrediente: la donna misteriosa. Il Presidente fece notare che alcuni castelli sulla strada per Reggio erano stati teatro di riprese cinematografiche per film famosi, come Ladyhawke.
È così che è nato Il Falco e Il Lupo, cavalcando con Ladyhawke. Un’avventura per tutti coloro che hanno un sogno nel cassetto. Sette giorni a cavallo per castelli lungo la prima collina emiliana con partenza da Montechiaro (Rivergaro) ed arrivo al 25° Salone del Cavallo Americano a Reggio Emilia.
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