Venerdì: la gloria

26/Luglio/12

È opinione diffusa che la gloria sia un fatto pubblico, che coincida con bagni di folla, ovazioni e applausi. Forse in un momento di gloria l’uomo ha necessità di condividere quell’attimo con altri suoi simili. Eppure a volte la gloria arriva in momenti di solitudine come, ad esempio, quando un alpinista arriva sulla vetta di una montagna. La gloria può essere quindi un fatto personale ed intimo. Il raggiungimento di un obiettivo è un momento di gloria. Sempre.

E così al settimo giorno di cammino i cavalieri si preparano a gustare il loro momento di gloria. Arturo e suo figlio, terminata la loro missione di traghettare il gruppo nel parmense, salutano di buon mattino e tornano sulla loro strada. Saluta anche L’Onorevole: una settimana di fila senza impegni, riunioni, contatti e birra sono troppi per lui ma sulla via del ritorno, quel sorriso compiaciuto per aver realizzato un sogno, è sempre rimasto dipinto sul suo volto..

Rimane quindi il resto del  gruppo, leggermente cambiato dal primo giorno, con Il Presidente appiedato e lo Zio Beppe al posto dello Zio Max, tutti con un unico obiettivo in testa: arrivare al Salone del Cavallo Americano di Reggio Emilia. All’ingresso della fiera, una ragazza alza il telefono per capire se quella banda di cavalieri ha il permesso di entrare. Prima che dall’altro capo della linea arrivi una risposta, la dottoressa Agostini si materializza davanti alla portineria e accoglie la compagnia a braccia aperte. Le porte del Salone si spalancano e i sognatori uno ad uno assaporano il loro momento di celebrità. La compagnia sfila allora per le strade del quartiere tra stand, esposizioni e chioschi suscitando curiosità. Forse per caso ma tutti i cavalli entrati in fiera, tranne uno, sono americani: due Quarter, due Argentini ed un Appaloosa. Il Murgese del Trasparente in effetti è fuori luogo e durante la camminata un signore, fermatosi  ad ammirare la compagnia, scorto il bestione nero dalle dimensioni eccessive rimane incantato ad osservarlo con un’espressione inebetita mista tra ribrezzo ed incredulità. Non sa, quell’uomo, che quel Murgese  lascerebbe sbigottito chiunque per quanta strada ha percorso con il suo compagno di viaggio. Parcheggiati i cavalli, la compagnia si disperde per la fiera, stanca ma soddisfatta.

Un Falco ed un Lupo, qualche ora prima a Canossa, osservavano da lontano i cavalieri preparare i loro destrieri per la giornata. Il Falco appollaiato su di un ramo e poco sotto il Lupo accovacciato su di una rupe.

Secondo te hanno capito? Chiese il Falco.

Il Lupo alzò la testa verso il ramo sul quale era posata la compagna e la fissò per qualche attimo ritornando poi  ad osservare i cavalieri poco sotto. Boh, di strada ne hanno percorsa, abbiamo fatto il possibile.

Non è che abbiamo scelto le persone sbagliate?

Viaggiano a cavallo, ripudiano l’asfalto, se non capiscono che salvando le strade bianche salvano il loro abitat…

Già, peggio per loro, io posso ancora volare sopra boschi e cime dove loro non verranno mai.

Ne sei così sicura? In fondo se quel giorno non fossi venuta al cantiere saresti stata come loro. E magari saresti ancora umana.

Sì, e avrei centovent’anni. Certo che ragioni come un cane. Comunque, caro Luigi, quel giorno sono venuta per te.

Lo so me l’hai raccontato mille volte.

I due rimasero in silenzio scrutando i cavalieri scomparire dietro la collina.

Angela?

Si?

Perché non sei rinata Lupa?

E tu perché non sei rinato Falco?

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