Lunedì: relax

13/July/12

Per due sere di fila la compagnia a cavallo ha cenato in un castello e per due sere consecutive i commensali sono stati in numero maggiore di quanti, durante il giorno, erano a cavallo. È un fenomeno strano per cui una compagnia itinerante non convenzionale, attira a sé coloro che condividono gli stessi sogni. Nessuno desidererebbe sedersi al tavolo di una famigliola o di una compagnia di sconosciuti arrivati, seppur da lontano, a bordo delle loro automobili. Tra Rivergaro e Vigoleno, e via via verso la meta, “il Falco e Il Lupo” sta invece disegnando una lunga strada bianca tracciando così un luogo d’incontro per persone che col passare degli anni trovano sempre più funzionale il movimento lento. I quattro sognatori ed i loro amici erano però ignari di ciò, ancora troppo provati per fermarsi a riflettere.

L’alba sembrava aver spazzato via quanto di negativo c’era stato nei giorni appena trascorsi. Finalmente una sincera primavera accarezzava le guance dei cavalieri indolenziti. Arturo, il Signore di Parma, presenta alla compagnia un nuovo arrivato: Federico, suo figlio, comparso dal nulla assieme al proprio cavallo. Chissà: deve essere un vezzo tipico dei Signori del luogo portare appresso  un parente. Questo è anche il giorno in cui la Dama di Rivergaro compie gli anni, il doppio di sua figlia che ne compie, guarda caso, la metà il giorno stesso. Un giorno unico, oltre il quale la matematica impietosamente avvicinerà sempre di più l’età della figlia a quella della madre. Null’altro è dato sapere da questa schiva donna, tanto meno chi sia la figlia.

Baciati dal sole e dalla frescura la compagnia si mette in moto per fermarsi poco dopo in un piccolo castello dove viene offerto loro del vino. Nessuno ha fretta; non si deve scappare inseguiti dalla bufera ne tantomeno una doccia è l’oggetto più bramato dal gruppo. Una sola nota stonata: il Presidente, provato dai giorni precedenti e soprattutto dagli stivali nuovi che gli hanno massacrato i piedi, è costretto a fermarsi. La strada per diventare Generale è ancora lunga ma in questo giorno quasi perfetto, Il Presidente sembra avere trovato la giusta miscela tra umiltà e caparbietà per scegliere il ritiro pur non abbandonando il gruppo, rimanendo con loro assieme al supporto da terra.

La pausa pranzo si rivela pacifica, gustosa, persino rilassante e, per non rendere il  racconto stucchevole, val la pena sorvolare. Invece, l’arrivo nel tardo pomeriggio da Valdo, catapulta la compagnia in una sorta di mondo nostalgico di ciò che non è stato ma si vuol credere esistito. All’entrata un cartello minaccioso avverte che: molti nemici molto onore. Nella realtà è proprio l’opposto: l’amicizia e l’ospitalità sono il biglietto da visita di Valdo quando si varca il confine di quello scorcio di natura incontaminata alle pendici del castello di Tabiano. Un maiale tibetano grasso all’inverosimile si trascina come un bradipo verso il centro dell’aia. Hector, il cavallo del Semplice, si terrorizza alla vista di un simile mostro e scarta deciso verso il recinto degli emù non migliorando certo la sua sensazione d’essere circondato da strane creature. Solo la vista di un pavone ed un paio di conigli che saltellano liberi nella vecchia fattoria riescono a calmarlo.

Arrivata l’ora di cena, la compagnia aumenta di numero come è ormai consuetudine. Tra gli ospiti c’è anche la figlia della dama di Rivergaro arrivata per festeggiare la madre. Il Trasparente nel vederla rabbrividisce. La somiglianza con la donna dei suoi sogni è incredibile. Per quasi cinque minuti Il Trasparente rimane incantato osservando la ragazza in ogni dettaglio. Nella realtà è sorridente, spensierata e solare. Nei sogni portava una strana mantella e cavalcava in un bosco nei pressi di un castello. Ora, sogno e realtà sembravano fusi assieme. Finalmente il trasparente sorride. Quella ragazza ignara dell’uomo che aveva di fronte, aveva costretto Il Trasparente ad incamminarsi lungo una strada che, seppur faticosa, lo avrebbe reso finalmente visibile. Per sempre, ne era certo. Ogni pensiero, ogni preoccupazione però svanisce quando al centro della tavola viene posata una grossa scodella stracolma di scottadito di capra.

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